martedì 11 ottobre 2016

Nabucco - Nucci, Guleghina, Prestia, Luisi, 2001

Lo spettacolo di Kramer, in una scenografia essenziale e costumi moderni, è incisivo e suggestivo a partire dalla sinfonia in cui vengono presentati quattro bambini in atto di giocare e litigare, simbolo di inimicizie ataviche, fino all'apparire del testo sacro ebraico sullo sfondo nel coro iniziale e al suo sgretolarsi al momento della proclamazione divina di Nabucco, dai segni del potere che fanno gola e che sono racchiusi in un'urna, al coro che, cantando il brano più famoso dell'opera, si erge a poco a poco mostrando ciascuno una foto di un deportato. E questi sono solo alcuni esempi.
La direzione di Luisi è sempre decisa e ricca di colori e mai prevarica sui cantanti. Non sono esenti alcuni "zumpapa", in ispecie all'ingresso di Nabucco o in alcuni toni battaglieri e accenti marziali, ma alcune pagine, come la scena di Abigaille, il suono è estremamente struggente.
Il coro, che buona parte svolge in ogni atto, è sicuro anche nella pronuncia; soprattutto il Va' pensiero è privo di eccessi di cattivo gusto ma è implorante, disteso e composto.
Nucci ha in Nabucco uno dei suoi personaggi più intensi. Linea sicura, irruente e perentoria in ogni scena, brilla in particolar modo per gli accenti e il fraseggio nel duetto con Abigaille. La recitazione, poi, è udi presa immediata: senza neanche essere arricchito da costumi particolari e trucchi vari, la sua faccia esprime ogni sentimento del personaggio: dall'ira allo sbigottimento al termine del secondo atto, dalla supplica al rischiararsi della mente nel quarto.
La Guleghina presenta una delle sue migliori Abigaille. Già dall'entrata in cui si mette alla prova tutto il registro grave, per passare poi alla fluida perorazione d'amore la sua voce sicura e la presenza scenica marcano chiaramente il personaggio. Momento memorabile è la prima scena del secondo atto: l'alternarsi del tono tra sdegno e lamento, la linea sostenuta, le variazioni nella ripresa della cabaletta, l'accento caratteristico su "l'umil schiava" sono di indubbia maestria. Solo da notare alcuni acuti finali un po' schiacciati (a tal proposito, in questa edizione giustamente non inserisce l'estraneo mi bemolle alla fine del duetto con Nabucco). Nella scena finale corale, in cui emerge un tono più lirico, altrettanto bene la resa vocale.
Prestia ha una tessitura adatta per il ruolo di Zaccaria, come anche un tono solenne e ieratico necessario per questo personaggio drammatico che, in questa rappresentazione, smorza solo lievemente il suo carattere prendendo in braccio alcuni bambini nella danza del primo atto. Rimane però qualche oscillazione nella voce, soprattutto nell'aria di sortita.
Dvorsky e la Domashenko se la cavano nei personaggi minori. Il primo ha voce calda ma segnata da evidenti sforzi. La seconda è elegante e di importante presenza soprattutto nel terzetto e nel concertato.
Voto: 9,5/10.

domenica 9 ottobre 2016

Otello - Domingo, Frittoli, Nucci, Muti, 2001


Lo spettacolo, tradizionale e godibile, è valorizzato da scenografie e costumi raffinati ed eleganti che esaltano i colori abbinati ai vari personaggi. Un appunto sulla brandina da cella anziché su un letto che sarebbe stato più adeguato al resto della scena... Anche se non c'è molto movimento - anzi, talvolta i protagonisti rimangono piuttosto fissi - i cantanti recitano tutti ad alto livello.
Sulle voci spicca quella di Domingo che è l'Otello per antonomasia. Purtroppo gli anni passano e la voce, soprattutto all'acuto, non risponde più come vorrebbe e dovrebbe (es. l'Esultate non è certo dei più gloriosi da lui cantati). Resta però solido ed espressivo il registro centrale e grave. La carica emotiva è ineccepibile in ogni scena.
La Frittoli convince nel ruolo di Desdemona anche se talvolta appare affaticata. Grande anche la sua interpretazione soprattutto nel duetto del terzo atto oltre che nel quarto.
Nucci conferma il suo stile: brillante nella scena del primo atto; ricco di insidie nei duetti con Otello; determinato nel Credo. Il suo Jago è ovviamente cattivo ma, per esaltare le occhiate e gli ammiccamenti nel tendere l'insidia al suo duce, non emerge pienamente la perfidia del personaggio.
Buoni gli altri personaggi, avvantaggiati anche dal fatto di essere italiani.
La direzione di Muti è sempre tesa e serrata, l'orchestra è presente e si fa sentire (forse qualche volta fin troppo?), stacca tempi spesso un po' veloci ma questo consente all'azione di non attardarsi inutilmente. 
Il coro allieta il secondo atto con la piacevole scena dei doni a Desdemona, qui nella sua forma integra grazie alla bacchetta di Muti.
Voto: 8,5/10